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Scuola e università: il presidente Vescovi a dialogo con il prof. Boldrin (video)

"Dobbiamo mettere la formazione al centro della nostra azione politica"

VI29645 | MEDIA

Come annunciato in occasione del primo confronto a tutto campo sulla politica economica italiana, il presidente Luciano Vescovi torna a dialogare con Michele Boldrin, economista e professore della Washington University in St. Louis, sui temi legati alla formazione, alla scuola e all’università.


Il problema principale della formazione in Italia
“Il sistema formativo è completamente imbrigliato in una governance che deriva dal diritto amministrativo pubblico ed è quindi dominato in maniera strettissima dalla burocrazia pubblica, da questo discendono molti problemi, il primo dei quali riguarda il reclutamento di personale, che si traduce nella difesa della propria corporazione e non nell’attenzione verso lo studente e la scuola. È solo questione di fortuna se ti capitano degli insegnanti bravi, perché non c’è modo di premiare chi è bravo e penalizzare chi non lo è”.


Quantità e qualità della formazione tecnica
“C’è soprattutto un problema di quantità: sono poche le scuole tecniche, la scuola superiore è diventata sempre di più il liceo, tanti studenti scelgono facoltà umanistiche, mentre il mondo manifatturiero che rappresento ha più bisogno in questo momento di competenze tecniche che umanistiche”.
“C’è un problema di specializzazione: è impossibile personalizzare la formazione a seconda del contesto in cui ci si trova. C’è l’esigenza di dare autonomia alle scuole – abbinata evidentemente a un rigoroso controllo di accountability – e non continuare ad avere una visione centralistica".


Il mondo cambia la scuola no: le imprese cosa fanno?
“Solo negli ultimi anni siamo riusciti a percepire come sia necessario investire molte risorse sul bisogno di cambiamento, a cominciare dalla formazione che è il punto di partenza di qualsiasi società civile evoluta. Per esempio, a Vicenza abbiamo una Commissione Scuola e Università che porta avanti molti progetti, ma ci vuole una forza straordinaria per superare i limiti della burocrazia pubblica. Un altro esempio viene dall’Emilia, proprio in questi giorni abbiamo letto dell’iniziativa del nuovo liceo presieduto da Alberto Vacchi e sponsorizzato dalle tre Unioni industriali di Bologna, Modena e Ferrara”.


Il liceo come status symbol
“Sembra ancora meno qualificante fare una scuola tecnica rispetto a una di tipo umanistico, invece qualificante è la conoscenza. Inoltre, la generale ‘liceizzazione’ ha portato a un appiattimento verso il basso senza mai andare a premiare le eccellenze. E quando la scuola non è selettiva, dura, personalizzabile, i più penalizzati sono gli studenti soprattutto quelli con meno risorse finanziarie”.


Un unico liceo “buono” non basta
“Le esperienze singole servono abbastanza a poco, i numeri devono essere allargati. Rivoluzionerei la scuola con una visione di lungo termine ma partendo da principi di base. Parliamo del valore legale del titolo di studio, di concorsoni in cui non c’è una reale possibilità di selezione e valutazione. Insisto sui temi dell’autonomia e della concorrenza tra le scuole, non perché ho in mente delle scuole di élite, ma esattamente per il contrario, perché voglio dare la possibilità a tutti gli studenti, anche quelli meno abbienti, di accendere all’istruzione di alto livello. Purtroppo, parlare di questi temi scatena il finimondo, nessuno ha il coraggio di affrontarli. Quando arriverà un Governo che proporrà l’abolizione del valore legale del titolo di studio sarò molto felice”.


L’Italia è una Repubblica fondata sulla conoscenza
“Vogliamo continuare sempre con questo modello, o vogliamo iniziare a sperimentare, anche su base volontaria, dei modelli diversi? Se non proviamo non potremo mai avere dei risultati. Occorre partire a monte di tutto, dalla nostra Costituzione: quando l’articolo 1 diventerà ‘L’Italia è una Repubblica fondata sulla conoscenza’, allora potrò credere che questo Paese cambierà rotta”.


Cosa chiedono le imprese all’università?
“Prima di tutto una compenetrazione più stretta, a partire per esempio dall’obbligatorietà degli stage durante il percorso universitario anche triennale. C’è poi un problema correlato relativo al job placement, e anche in questo caso si pone il tema della personalizzazione della proposta didattica in funzione anche della domanda specifica del contesto in cui si trova. Servirebbe la costruzione di corsi di laurea specialistici e che consentano di accorciare il periodo di inserimento operativo all’interno dell’azienda”.

Investimenti nella ricerca
“In questo momento storico c’è una disponibilità assoluta sia dal punto di vista della volontà sia per quanto riguarda le risorse economiche di fare investimenti. Se ci fosse apertura anche dall’altra parte, per richiedere un sostegno finanziario, un contributo di idee, un affiancamento nella progettazione, mi sento di dire che oggi l’industria vicentina è molto pronta, ed è molto pronta perché ne ha molto bisogno”.

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