Confindustria Vicenza

Coronavirus, Cura Italia. Vescovi: “Bene cassa estesa a tutti, male fisco e contributi”.

"La norma su Alitalia grida vendetta. Con il Decreto aprile servono correzioni"

VI30636 | MEDIA

Il commento del Presidente di Confindustria Vicenza Luciano Vescovi in merito al decreto Cura Italia:

“Siamo i primi ad aver già fattivamente collaborato e ubbidito alle corrette restrizioni indicate dai vari DCPM. Lo scorso finesettimana si è anche sottoscritto un importante protocollo per la sicurezza e la salubrità dei luoghi di lavoro e lo stesso Presidente della Regione Luca Zaia, che sta giustamente facendo battere a tappeto il territorio dagli Spisal, ha detto che le aziende si stanno comportando bene e a seguito di questi controlli, finora, dalle mie associate che si affidano alle nostre indicazioni, ho ricevuto solo notizie di aziende in regola con lavoratori che si comportano con intelligenza e responsabilità, a cui non posso che fare i complimenti.

Fatta questa premessa sul nostro atteggiamento e sulla volontà di dare il nostro contributo al Paese, leggendo il decreto Cura Italia ci sono tante cose da aggiustare.

Leggendo certi articoli devo dire che hanno ragione quelli che hanno affermato che forse dal centro non si ha la corretta percezione di quel che sta accadendo nel resto d’Italia dove si vive nel mondo reale. In particolare, non hanno capito cosa sta succedendo nelle regioni più colpite da questa catastrofe che sono anche, e non ho nessuna remora a dirlo, quelle che trainano il Paese, che permettono alla sanità e alla scuola di esistere e di essere gratuite per tutti.

Sappiamo che comporta un grande sforzo, ma era necessario e qui va il nostro massimo plauso al Governo, estendere la cassa integrazione a tutti. Speriamo che i fondi bastino e siamo fiduciosi che verrà finanziato in caso di insufficienza.

Fa davvero male alle aziende manifatturiere vedere che la sospensione dei termini degli adempimenti e dei versamenti fiscali e contributivi vale solo per le imprese con fatturato fino a 2 milioni di euro. Vuol dire escludere quasi tutti e soprattutto escludere quelle aziende che creano occupazione. Ma anche quelle che se ne avvarranno, avranno tempistiche sulla restituzione che rischiano di costringerle comunque a chiudere o di andare in difficoltà perché i termini sono stretti e le piccole aziende, tendenzialmente, hanno dotazione di liquidità limitata.

Il punto non è se l’azienda fattura più o meno di 2 milioni, ma se l’azienda, con l’emergenza, va in crisi o no. La valutazione va fatta su questo e anche se fattura più di 2 milioni e ha difficoltà deve essere messa nelle condizioni di posticipare certi adempimenti per poter stare in piedi e continuare a mantenere attive le proprie lavorazioni e quindi l’occupazione. Se invece, e per fortuna ci sono questi casi, un’azienda, piccola o grande, lavora e riesce a sopperire con i suoi mezzi a questo periodo difficile, che versi normalmente il dovuto.

Incredibile anche che la moratoria automatica con le banche valga solo per le micro, piccole e medie imprese, ovvero sotto i 250 dipendenti. Vale lo stesso discorso di prima: le aziende che creano occupazione e che magari sono capofila di filiere corte italiane, rischiano di andare in crisi di liquidità, tanto più che non possono nemmeno accedere al Fondo Centrale di Garanzia, e di interrompere, così, una filiera intera. Perché? Perché per loro c’è la Cassa Depositi e Prestiti? Ma se la dotazione è di soli 500 milioni, parliamo di qualcosa che fondamentalmente non c’è.

Si estenda alle imprese oltre i 250 dipendenti quello che è garantito alle piccole aziende, eventualmente mettendo un altro tipo di parametro per impedire a chi non ne ha davvero bisogno di accedere alla moratoria. E questo parametro non può essere la dimensione.

Il differimento dei versamenti alla PA da lunedì 16 marzo fino al 20 marzo con un decreto che è uscito dopo la scadenza originaria, non è nemmeno commentabile. Tanto valeva non farlo.

L’articolo inserito su Alitalia grida vendetta al cospetto di tutte le attività che chiuderanno dopo questo disastro. È una vergogna gravissima di cui i contribuenti italiani si dovranno ricordare perché si stanno togliendo risorse al paese, a favore di pochi privilegiati, nel momento del bisogno più grande.

Ci rendiamo conto che il momento sia delicato e ogni decisione sia difficile, che in primis le risorse devono essere destinate all’emergenza sanitaria e a salvare le vite delle persone (aspetto che pare il decreto assolva a pieno, sinceramente), ma non possiamo che aspettarci dei correttivi, nel decreto aprile o prima, perché così, pensare ad una ripartenza è davvero difficile”.

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